Lavoratori poveri, Cisl in campo: «Le aziende facciano qualcosa»

Alberto Monticco, segretario generale di Cisl Fvg interviene su contrattazione e povertà, temi al centro del congresso del sindacato in programma a Trieste il 19, 20 e 21 maggio

lunedì 19 maggio 2025 di Elena Del Giudice
Lavoratori poveri, Cisl in campo: «Le aziende facciano qualcosa»

FRIULI VENEZIA GIULIA - La contrattazione come strumento per contrastare l’avanzata della nuova povertà. Lo spunto arriva da Alberto Monticco, segretario generale della Cisl Fvg, perché entrambi, sia la contrattazione che la povertà, saranno alcuni dei temi al centro del congresso del sindacato in programma a Trieste il 19, 20 e 21 maggio.

Congresso utile anche a rinnovare la segreteria che, però, potrebbe non cambiare.

Segretario, il congresso ha come claim la partecipazione ma affronta anche altri argomenti, quali?
«Abbiamo previsto due focus, uno sulla povertà alla luce di dati che confermano come questa sia presente anche laddove le persone lavorano, e l’altro si rivolge al valore del territorio».

Valore del territorio inteso come?
«Come la possibilità di sviluppare sinergie utili a migliorare la realtà complessiva del territorio. Un esempio: pensiamo allo spopolamento della montagna, alla presenza di migranti, la crisi demografica, la questione giovani. Su questo c’è la possibilità di creare condizioni di aggregazione tali da affrontare questi temi?»

Una missione sociale per il sindacato?
«Per noi della Cisl non è strano, abbiamo sempre visto l’aspetto sociale nel nostro agire, e non la vedo nemmeno lontana dalla contrattazione. In questa fase ci stiamo chiedendo se questo aspetto sociale non possa essere condiviso con altri attori del territorio nella logica di dare vita ad un ecosistema territoriale in grado di andare incontro alle esigenze delle persone».

Il sindacato in generale ha perso appeal, eppure c’è ancora maggiore bisogno di soggetti che tutelino i lavoratori, soprattutto quelli più deboli. Una nuova sfida? 
«Secondo me fare il sindacalista è certamente più difficile rispetto a 15 anni fa. Noi dialoghiamo, collaboriamo e lavoriamo molto con le parti datoriali, ma le aziende non sempre seguono le indicazioni nemmeno delle loro rappresentanze. La vicenda del contratto nazionale dei metalmeccanici è un esempio».

Proposte?
«Una, certamente provocatoria: esistono le black list per i cattivi pagatori, mi chiedo perché non crearne una per le aziende che non vogliono rinnovare i contratti, per i manager che speculano sui subappalti e creano le condizioni per il verificarsi degli infortuni».

A proposito di contratti, forse sarebbe il caso di affrontare anche il tema di quelli pirata, sottoscritti da sindacati e associazioni poco rappresentativi… La legge sulla rappresentanza si è persa? 
«Forse più che una legge sulla rappresentanza ne servirebbe una sulla contrattazione che stabilisca che i contratti, per essere validi, devono essere rinnovati. Ricordo che al Cnel sono depositati oltre mille contratti di cui due terzi sono scaduti e non sono stati rinnovati. Bisognerà capire come rendere obbligatori i rinnovi».

C’è un tema, in questo Paese e in questa Regione, che è la dimensione delle imprese, la loro caratteristica di essere subfornitori e non produttori finali con quel che questo significa in termini di valore aggiunto da distribuire.
«Se le imprese faticano a stare sul mercato non è che questa cosa la debbano pagare i lavoratori in termini di salari e di sicurezza. Sono state molte le scelte sbagliate e le politiche industriali assenti».

Sicurezza sul lavoro, nonostante una normativa abbondante, spesso varata sull’onda dell’emotività, gli infortuni non diminuiscono e i morti nemmeno.
«Siamo andati a vedere i dati e nel raffronto, ad esempio, tra il 2009 e il 2024, emerge come il numero dei morti sul lavoro sia lo stesso. E aumentano le malattie professionali. Concordo sul fatto che, quando avvengono incidenti mortali plurimi si scatena un’onda emotiva e una reazione immediata che si traduce in nuove norme. Ma io non credo siano necessarie norme aggiuntive, basterebbe far applicare quelle che ci sono».

Lavoro povero, il salario minimo è una risposta? E sul gender gap che dice?
«Ricordo che, quando è uscita la proposta dei 9 euro l’ora come salario minimo avevamo realizzato uno studio sui contratti nazionali depositati e rinnovati che esponevano un valore medio di 15 euro. Da qui i rilievi a quella proposta. Detto ciò, il problema non è tanto il valore orario del lavoro, quanto la certezza che i contratti vengano rinnovati. Sul gender gap io inviterei a riflettere non tanto sulle modalità con cui ci si possa prendere cura di figli e famiglia stando fuori dal lavoro, ma su cosa serve alle persone affinché possano vivere la genitorialità stando “dentro” al mondo produttivo».

Infine, con questo congresso lei conclude il mandato. Che fa? Si ricandida?
«Diversamente dal presidente Fedriga, che non ha ancora certezze sulla possibilità di fare il terzo mandato, la Cisl ha questa possibilità. Quindi sì, mi ricandido».

Ultimo aggiornamento: 20 maggio, 11:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci