Attentati incendiari, comincia il processo: ridotte le misure restrittive per Silvano e Teo Arcolin, padre e figlio imputati

Negli esposti si raccontava di minacce, pedinamenti con l'auto, richieste di confronto mosse da padre e figlio, così come delle due donne

venerdì 25 aprile 2025 di Marco Aldighieri
Attentati incendiari, comincia il processo: ridotte le misure restrittive per Silvano e Teo Arcolin, padre e figlio imputati

VIGONZA (PADOVA) - Il caso degli attentati incendiari a Vigonza è finito a processo e ieri mattina si è tenuta la prima udienza. Quattro gli imputati che, secondo l'accusa rappresentata dal pubblico ministero Francesco Lazzeri, tra maggio e settembre del 2024 avrebbero terrorizzato via Rigato. Silvano e Teo Arcolin, padre e figlio difesi dall'avvocato Pierluigi Tornago, e le rispettive mogli Rosetta Maschio (avvocato Tornago) e Beatrice Zaramella (avvocati Ernesto De Toni e Valentina Bassan), dovranno difendersi dai reati, contestati loro a vario titolo, di atti persecutori, incendio doloso e resistenza a pubblico ufficiale.

Le difese, in aula, hanno chiesto per padre e figlio di allentare la misura restrittiva per consentire loro di poter proseguire con l'attività lavorativa. La pubblica accusa ha dato il suo consenso, purchè i due Arcolin stiano lontani almeno un chilometro dalle vittime e dai luoghi da loro frequentati. Gli avvocati di Zaramella hanno invece chiesto di poter sollevare la loro assistita da un eventuale risarcimento dei danni in caso di condanna, vista la sua posizione defilata nell'inchiesta. Una richiesta a cui si sono opposte le parti civili, anche l'avvocato Andrea Levorato in rappresentanza del comune di Vigonza. La prossima udienza è stata fissata per il 12 giugno.

L'inchiesta

Silvano e Teo Arcolin, padre e figlio di 67 e 35 anni, collaboratori familiari della ditta di trasporti Rosetta Maschio di Vigonza, secondo l'accusa sarebbero gli autori di due attentati incendiari in via Rigato, la notte del Primo maggio quando andarono a fuoco le auto della famiglia del capo ufficio Tecnico del Comune, il geometra Enzo Ferrara e il 16 settembre con il rogo a casa della famiglia Brugiolo. Oltre a una serie di minacce e persecuzioni nei confronti di sei famiglie residenti in via Rigato. I due sono stati incastrati grazie alle numerose intercettazioni telefoniche: in più di una occasione gli inquirenti hanno potuto ascoltare frasi come «A quello gliela facciamo pagare». Inoltre avrebbero parlato di quando e come appiccare gli incendi arrivando anche a minacciare il sindaco Gianmaria Boscaro, a sua volta finito sotto protezione notturna. Gli approfondimenti dei carabinieri avevano preso il via con l'incendio delle auto a casa del geometra Ferrara, riunendo in un unico fascicolo le denunce presentate dai residenti della strada e dallo stesso Comune.

 

Le indagini

Negli esposti si raccontava di minacce, pedinamenti con l'auto, richieste di confronto mosse da padre e figlio, così come delle due donne. Più volte Beatrice Zaramella e Rosetta Maschio avrebbero molestato le famiglie di via Rigato con le quali erano in rotta per un terreno. L'accelerata decisiva è arrivata con le intercettazioni nelle quali per l'accusa sono chiari i riferimenti all'attentato nei confronti del geometra. L'analisi delle celle telefoniche ha poi mostrato come la notte tra il 30 aprile e l'1 maggio padre e figlio si fossero sentiti al cellulare, che si trovava in una zona non distante da via Rigato. Modalità ripetute quasi identiche nelle ore a cavallo tra il 15 e il 16 settembre quando sono state incendiate le auto della famiglia Brugiolo la cui proprietà confina con l'area utilizzata dalla Rosetta Maschio per il deposito dei propri tir. 

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